Che Minkia di Sentenza

Ad un matematico, o sedicente tale, o comunque ad un appassionato della materia, la pratica non disdegna di rivelare in relativamente breve tempo un aspetto della disciplina che a voler sottovalutare si rischia di commettere peccato non veniale: perché una teoria possa assurgere a teorema o modello, non è sufficiente una dimostrazione impeccabile. Certo è condizione necessaria, tuttavia non anche sufficiente. L’altro aspetto che deve essere curato nei minimi particolari è quello delle ipotesi a sostegno del modello, le quali devono essere corrette e complete, nonché quello della specificazione dell’ambiente di riferimento dell’analisi.

Quest’ultima precisazione potrebbe in effetti già indurre nella tentazione di buttarsi a pesce sul discorso della commistione tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva.
Giacchè però entreremmo subito nell’ambito caldo della discussione, mi comprenderete se scelgo invece di godermi ancora l’ebbrezza del clima autentico e frescolino che si respira in questo Juventus Club, e spendo ancora qualche istante per migliorare le specifiche sui confini del linguaggio entro il quale ci muoviamo per intenderci.

Nella prefazione si era scelto di evitare di definire con precisione l’esatto significato del termine “minchia”, lasciando spazio solo ad una velata allusione, e concentrandosi sui suoi usi nelle espressioni comuni.
Pensandoci bene, però, si rende necessario la sua precisazione.
La minchia è quella protuberanza fisica esclusivamente del genere maschile posizionata poco al di sotto del baricentro dell’uomo (ma esattamente in linea con il baricentro che ne determina tipicamente i pensieri e le azioni) e che ogni maschio è convinto di possedere di dimensioni, capacità, personalità e resistenza superiori al resto dei suoi consimili. Il pensiero che evidentemente tutti meno uno si sbaglino nel ritenere ciò, non sfiora quasi mai nessuno di loro e conseguentemente non intacca minimamente il correlato senso di ognuno di immane autostima.
Nel linguaggio comune, pertanto, si può sostituire, come ulteriore rafforzativo, al sostantivo “cavolo”. Infatti –che minkia dici- , -che idea della minkia-, -è una minkiata colossale-, significano rispettivamente –che cavolo dici, -che idea del cavolo- e –che cavolata colossale-.
Quanto ad un utilizzo che rimanda metaforicamente al suo significato anatomico, ricordiamo l’espressione “avere la minkia di traverso”, con la quale si descrive efficacemente uno stato d’animo assai poco prossimo all’euforia.
I professori di Oxford sono quasi unanimemente concordi nel ritenere che le espressioni sopra citate mal si prestano ad una accurata educazione mirata a formare il classico british gentleman.
Ciò non di meno, anche il più minchione di voi avrà compreso che l’introduzione delle notazioni di cui sopra non sono state fatte per puro ludico minchionamento, ma sono state specificate in ossequio alla miglior completezza dei limiti del linguaggio usato, per poter procedere con cognizione all’analisi degli argomenti che si prefigurano sotto questa “etichetta ubriakone” .
E infatti procediamo.

Tanto per sgomberare il campo da ogni equivoco, l’intenzione è quella di non trattare, se non marginalmente, le violazioni dell’art.1 del codice di giustizia sportiva (che d’ora in poi abbrevieremo in cgs) dal titolo <>. Il comma 1 recita di comportarsi secondo i minkia di <> nell’ambito sportivo.
Siamo juventini, titolari inamovibili di uno stile senza tempo.
La morale ci impone di non fare come gli struzzi, e pertanto non ci sogneremo di negare che tale norma è stata violata: il dg della Juventus, infatti, intratteneva relazioni telefoniche con i designatori arbitrali, come provato dalle intercettazioni telefoniche.
Non saremo però neanche così minchioni da farci bastare questo fatto isolandolo senza analizzare il resto del contesto.
Intanto il designatore Paolo Bergamo, peraltro in diretta televisiva (puntata di Matrix con Enrico Mentana del 08/06/06), ha ammesso pubblicamente che tale pratica era in uso a tutti i dirigenti dei club di serie A, e Moggi chiamava né più né meno come gli altri.
E poi è esemplificativo questo passaggio di una intervista dello stesso pubblicata su La Nazione il giorno 03/12/06.
- Se vuole, il mistero è proprio questo. Io parlavo con tutti i dirigenti e con tutte le società. Ripeto e sottolineo: tutte. Perciò mi chiedo: come mai agli atti ci sono soltanto le telefonate con qualcuno? Perché mancano le altre?”.Quali?- “Con le figure istituzionali tutte. Con il vice presidente Abete, durante le Olimpiadi di Atene, abbiamo parlato per ore. Era assolutamente normale”.Chi era il telefonatore più insistente?- “Giacinto Facchetti. Parlarne mi addolora per l’amicizia che ci legava dagli anni sessanta e per la prematura scomparsa, ma la sua società, l’Inter, si lamentava più di tutte”.E di cosa?- “Facchetti era sempre scontento ed io lo capivo perché l’Inter faticava a vincere. Sospettava di tutto, molti arbitri non gli erano graditi, le griglie non gli piacevano, Juve e Milan gli facevano paura”.In concreto, cosa ha fatto lei per andargli incontro?- “Ho sempre messo i nerazzurri nella fascia di sorteggio con Juve e Milan. Poi ho cercato di spiegargli certi errori per convincerlo che non c’era prevenzione. Ho tenuto con l’Inter rapporti molto stretti, ho anche invitato Facchetti a cena. Ci tenevo a fargli vedere la mia casa, il mio tenore di vita, volevo dimostrare la mia ssoluta indipendenza economica. Non avevo bisogno di nessuno”.

Da questa intervista si ricavano due chiare indicazioni.
1) tutti chiamavano i designatori.
2) Sono sparite a iosa intere comunicazioni dalle intercettazioni.
Dal punto 2) ne ricaviamo un forte senso di ingiustizia e una minchiosissima sensazione di trovarci in mezzo a un qualcosa di molto grosso e molto losco, se addirittura le prove sono state manipolate.
Dal punto 1) ne deduciamo che chiamare i designatori era una pratica abituale di tutti, che verosimilmente non serviva ad una minkia, e che se l’applicazione delle norme fosse stata uguale per tutte le squadre…..sta minkia!
Tutti sarebbero stato puniti.
Ma puniti come?
Semplice: siamo in presenza della violazione dell’art.1 comma1 del cgs, che prevede come sanzione i punti a) b) c) o g) dell’art.18. Trattasi di ammonizione, oppure ammenda, oppure ammenda con diffida, od infine penalizzazione di uno o più punti in classifica.
Se ne deduce che non è questa la ragione per cui siamo passati attraverso quella minkia di inferno della serie B eccetera eccetera, e pertanto si deduce anche che chi sostiene che Moggi ci ha fatto retrocedere con le sue telefonate ai designatori non ha capito una minkia!
Per quello, che è il vero punto cruciale sul quale dobbiamo concentrarci, dobbiamo parlare dell’illecito sportivo.

Ma dell’illecito sportivo parleremo la prossima volta.
Con tanta indignazione.
E con l’urlo di sempre in gola.
FORZA JUVE!


Riassunto della puntata: non siamo retrocessi per colpa delle telefonate ai designatori, che prevede una sanzione assai più bassa; in questo condividiamo con tutte le altre squadre di serie A le stesse colpe (che equivalgono a passare col rosso al semaforo, per gravità); le nostre intercettazioni ci sono tutte (e persino di più forse, ma lo vedremo un’altra volta) mentre nel contempo sono sparite molte altre, tra cui quelle con le più alte cariche (ad es. Abete) e quelle di altre squadre (inter su tutte); tutto ciò avallato anche dalle dichiarazioni di chi è stato giudicato e sospeso dalla carica di designatore proprio a seguito dello scandalo.

Come direbbe Tarcisio……….minchia anche il riassunto!!

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MasonMerton